
Nella conferenza stampa di ieri alla camera Matteo Renzi ha annunciato le dimissioni delle ministre Elena Bonetti, Teresa Bellanova e del sottosegretario Ivan Scalfarotto. Atto che, inevitabilmente, porta alla tanto temuta crisi di governo, ma che rappresenta un grande momento per l’ex Presidente del Consiglio, perchè, per la prima volta nella sua vita, è riuscito a tenere fede alla parola data. Le sue minacce erano ormai divenute ordinaria amministrazione a cui nessuno dava più adito, tutti credevano che non avrebbe mai aperto una crisi al buio durante una pandemia, mentre si lavora per l’approvazione del decreto ristori, quando stanno per arrivare i soldi dall’Europa. E lui, evidentemente risentito, ha deciso di passare ai fatti.
La domanda che ad oggi tutti si pongono è semplice, perché lo ha fatto? Le motivazioni alla base di questa scelta sono formalmente da attribuire ai disaccordi sul MES e su come spendere i soldi del Recovery Fund, ma basta ricalcare la genesi del personaggio per capire che forse non è così, che questa crisi in realtà fosse programmata da tempo ma che solo adesso si era presentata l’occasione.
Matteo Renzi è una delle persone più egocentriche della storia. Proprio per questo si è sempre circondato di persone pronte sempre ad acconsentire a qualsiasi idea, assecondandolo sempre, reprimendo qualsiasi voce di dissenso si elevasse ai tempi della sua Presidenza del Consiglio.
Pian piano però, dopo il botto iniziale, il suo personaggio è andato via via sgonfiandosi. Il suo disturbo narcisistico della personalità unito alla convinzione di essere un genio infallibile lo ha portato ad emanare riforme su riforme talmente astruse, sbagliate e impopolari che lo hanno fatto diventare uno dei personaggi più odiati di questo Paese. Ma tutto si è fermato il 4 dicembre 2016. Qui per la prima volta il nostro eroe è costretto a scendere dal piedistallo perché sepolto da una valanga di no. Quel magico giorno subì la prima, delle tante, sconfitte politiche, con il suo referendum costituzionale duramente bocciato dagli italiani, tanto che fu costretto a dimettersi (ma non abbandonare la politica, così come aveva promesso).
Dopo la sconfitta alle politiche del 2018 lascia addirittura la segreteria del Partito Democratico. Il suo destino sembra ormai segnato, il treno verso il dimenticatoio era in viaggio e non prevedeva fermate. Ma fu proprio in quel momento che il fato gli diede un’altra chance.
E’ l’agosto del 2019, Matteo Salvini dichiara conclusa l’esperienza di governo con i 5 stelle e chiede, non si sa ancora bene in base a cosa, pieni poteri. Ecco qui che si presenta per Renzi l’occasione per la sua redenzione, formando un governo con i 5 Stelle può finalmente tornare al centro della scena politica, escludendo Salvini e la Lega.
Ma il destino, si sa, è beffardo. Quel giorno, in Senato, mentre pensava alle sue amate luci della ribalta e mentre bramava di poter finalmente tornare al potere, Giuseppe Conte impartisce al leader della Lega Matteo Salvini un’atroce umiliazione. Sul web e sui giornali non si parla d’altro. L’ex concorrente della ruota della fortuna passa in secondo piano ed è costretto ad inventarsi qualcos’altro. Nel mentre, il governo PD-M5S, anche grazie a lui, si fa, ma il Matteo toscano sembra nuovamente destinato a contare meno del due di coppe quando a briscola comanda bastoni.
Ma è allora che gli viene un’idea geniale. Decide di fondare un suo partito dal nome originale, Italia Viva e dal logo che richiama un noto prodotto d’igiene intima femminile, nel quale entrano subito i suoi zerbini parlanti. In questo modo Renzi risulta numericamente essenziale al Senato per la tenuta della maggioranza. Il suo sogno si è avverato di nuovo, conta qualcosa. E’ talmente felice che scrive un libro dove elogia la sua bravura durante la cosiddetta crisi del Papeete, intitolato “la mossa del cavallo”, che venderà ben 14 copie, tutte acquistate da Marattin. Il suo desiderio d’attenzione, unito ai vecchi rancori verso i grillini, lo porta spesso a cannoneggiare il governo e a minacciarlo a ogni piè sospiro. In particolare è la figura di Conte il problema, reo di avergli rubato la scena e di occupare il posto che nella sua testa spetta di diritto solo ed unicamente a lui. Il tutto viene aggravato dall’arrivo della pandemia, con l’attuale Presidente del Consiglio sempre sulla bocca di tutti l’unica strada percorribile è quella delle minacce. Ed è qui che ci ricolleghiamo alla domanda iniziale: perché lo ha fatto? Da quel che emerge, questo non è che l’ennesimo tentativo per far parlare di sé da parte di un uomo che non accetta il suo destino, quello di essere ormai fuori dalla scena politica. Lo dimostra anche il fatto che ha annunciato la crisi diversi giorni fa, preferendo passare il tempo in televisione piuttosto che cercare di ricucire lo strappo. Ed è in questo momento che finalmente si rivela il personaggio di Matteo Renzi. Un uomo patetico, disposto a tutto pur di mettersi al centro dell’attenzione. 600 morti (di media) al giorno e una crisi economica spaventosa causata dalla pandemia non sembrano essere motivazioni sufficienti per farlo desistere dall’essere causa di una crisi politica idiota e senza senso, dettata solo dal rancore e dalla possibilità di accalappiare qualche posto in più con un eventuale rimpasto.
L’ultimo disperato tentativo di un politico ormai alla frutta, che vuole dimostrare ai suoi tanti detrattori di poter contare ancora qualcosa, e che per farlo non guarda in faccia a nessuno, non ai morti e neanche alle famiglie allo stremo.
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