TERREMOTO 23/11/80: una data per ricordare morti, inchieste e speranze mai perdute

Il 23 novembre 1980 la Campania centrale e la Basilicata centro-settentrionale furono colpite da un grave sisma di magnitudo 6,9 della scala Mercalli.

La scossa della durata di circa 90 secondi, con un ipocentro di circa 10 km di profondità, interessò un’area di 17.000 km² che si estendeva dall’Irpinia al Vulture, posta a cavallo delle province di Avellino, Salerno e Potenza. L’entità drammatica del sisma non venne valutata subito, infatti l’allarme fu lanciato parecchie ore dopo il ripristino delle telecomunicazioni. Si contarono 2.914 morti, 280.000 sfollati, 8.848 feriti.

Si passò alla pianificazione per ristrutturare e ricostruire ex novo.

La legge 7 aprile 1989, n. 128, istituì una Commissione parlamentare d’inchiesta sull’attuazione degli interventi per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti dai terremoti del novembre 1980 e del febbraio 1981 della Campania e della Basilicata, alla cui Presidenza viene eletto Oscar Luigi Scalfaro.

Attualizzando la stima dei danni del terremoto, secondo una valutazione di Sergio Rizzo, questa supererebbe i 66miliardi di euro.

I fondi stanziati per la ricostruzione edilizia transitarono, purtroppo, tra banche, azionisti e appaltatori.

Per questo seguirono varie inchieste e quella denominata ‘Mani sul terremoto’ vide coinvolte circa 87 persone, vari politici (Ciriaco De Mita, Paolo Cirino Pomicino, Salverino De Vito, Vincenzo Scotti, Antonio Gava, Antonio Fantini, Francesco De Lorenzo, Giulio Di Donato, il commissario Giuseppe Zamberletti) e molti meritarono l’arresto.

Sono ormai trascorsi quaranta anni da quel tristissimo evento e viene da chiedersi cosa sia cambiato da allora.

Senza dubbio i sismologi hanno più strumenti per la sorveglianza sismica infatti nella sala di monitoraggio dell’Istituto nazionale di Geofisica e di Vulcanologia (INGV ) personale esperto  analizza in tempo reale le migliaia di terremoti che avvengono in Italia ogni anno. I dati delle localizzazioni automatiche (disponibili dopo 1-2 minuti dal terremoto) vengono inviati sistematicamente agli organi di Protezione Civile, per consentire di guadagnare qualche minuto prezioso in caso di forte terremoto.

Se da un lato la ricerca ha fatto molti passi avanti, dall’altro la volontà di mettere in atto serie politiche di riduzione del rischio appare ancora fragile e inattuata.

Oggi, a 40 anni di distanza, dopo sprechi e inchieste, l’Irpinia non conserva se non in minima parte le tracce di quel disastro. Così come la Basilicata dove è stato ricostruito il 90% circa delle abitazioni private (con “punte” del 100% a Balvano, nel Potentino, uno dei centri più colpiti dal sisma con 77 vittime) con un finanziamento complessivo di circa 2,5 miliardi di euro. 

Commemorare le vittime di quel triste disastro è d’obbligo e può rincuorare la notizia circa il passaggio di alcuni nuclei familiari di Montella in Irpinia dalle baracche precarie (i container), dove alloggiavano dal 1980, in case in muratura dove poter vivere finalmente in modo dignitoso a partire da giovedì 19 novembre 2020.

                                                                                                                               

 

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